Intervista con Luca Farulli

Luca Farulli

Luca Farulli, professore di Estetica all’Accademia di Belle Arti di Venezia, è titolare del corso di Estetica dell’arte digitale nonchè coordinatore del workshop Arte e Multimedia presso il Master. I suoi ambiti di ricerca vertono principalmente sulla teoria del colore e la video arte. Con lui abbiamo parlato di linguaggi digitali e sensibilità artistica oltre che dei nuovi progetti cui sta lavorando.

Quali sono gli argomenti trattati durante le lezioni?

Il corso ha come finalità quella di formare la sensibilità, di educare il gusto per i linguaggi immagine di tipo elettronico. Per raggiungere tale finalità, la visione e l’analisi delle soluzioni immagine, quali si sono date nella vicenda della media-art, costituisce sempre più il momento centrale degli incontri. Le opere visionate, non vengono proposte come modelli, per le soluzioni proposte, bensì come esempi, a partire dai quali i frequentanti sono spinti ad elaborare autonomamente soluzioni nuove, content di valore innovativo, da un punto di vista della comunicazione. In particolare, gli incontri si concentrano sul video d’artista e, quest’anno, sul tema relativo al colore. L’altra anima del corso è quella che ha elementi in comune con il cool hunter, ovvero, con la figura di chi è preposto ad individuare i Fashion Trends. E’ l’aspetto più difficile.

Qual’è lo stato dell’arte dell’arte digitale oggi?

In merito allo stato delle cose nell’ambito dell’arte digitale, si segnalano due direzioni di ricerca principali. Una, particolarmente interessata alla intermedialità, al confronto con altri regimi d’immagine, soprattutto l’immagine pittorica, oltre che filmica e fotografica. Penso, in particolare, alla linea inaugurata da Viola e Hill, i quali rappresentano una precisa linea di ricerca, piuttosto che l’espressione di una fase storica della sperimentazione artistica. Non a caso, in questa linea di proposta, lo spazio per l’interazione va progressivamente a ridursi. L’altra possibilità di sviluppo, invece, si incentra proprio sulla ricerca delle interfaccia, della progettazione interattiva. In questo contesto, mi sembra si segnali sempre più l’elaborazione di sistemi complessi autoregolantesi, ripresi dall’ambito biologico, medico, cellulare, per cui si hanno installazioni, multimediali, in cui l’esterno, l’ambiente costituisce stimolo di sviluppo del sistema-macchina. Lo definirei un indirizzo bio.

Quali sono i progetti a cui sta lavorando?

Il progetto che sempre più sta al centro della mia ricerca è quello dello scambio reciproco tra pittura e video. All’interno di tale ricerca, l’aspetto del colore, la ricerca colore assume un ruolo nevralgico. Mi piacerebbe riuscire a elaborare un regime di immagine elettronica che avesse la forza comunicativa di un quadro di Mark Rothko. E’ quello che stiamo cercando di sviluppare con gli studenti dell’Accademia di Venezia anche in collegamento con altri studenti sparsi in Europa. Questo settore di ricerca ha, ovviamente, un grande peso nel linguaggio-immagine ma, ancor più, in quei settori applicativi del multimedia che si stanno facendo strada nel campo fashion, nei nuovi abiti mutanti. Si tratta di una nuova frontiera.

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